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230 Sonetti del 1835

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:240|3|0]]equivoco con Kalisch, dove il Russo fece campo di esercizi militari. [V. la nota 1.]      9 E dopo di ciò.      10 Eversione, sperpero, spiantamento.

LA PURCIARÒLA

  Io nun trovo dilizzia uguale a cquesta
Che de stamme a spurcià[1] ssera e mmatina
La camiscia, er corzè, la pollacchina,
Le legacce e le grespe de la vesta.

  Si le purce so[2] assai, pe’ ffalla lesta
Le sgrullo tutte in d’una cunculina:
Si nnò[3] l’acchiappo co’ le mi’ detina[4]
Je do una sfranta, eppoi je fo la festa.[5]

  Oggnuno ha li su’ gusti appridiletti.
Io ho cquello de le purce, ecco, e mme piasce
D’acciaccalle e ssentì cqueli schioppetti.

  E cche ddirete der nostro Sovrano,
Che sse ne sta a ppalazzo in zanta pasce[6]
A ccacciasse[7] le mosche er giorno sano?

11 agosto 1835

  1. Che di starmi a spulciare.
  2. Se le pulci sono.
  3. Se no: altrimenti.
  4. Co’ miei ditini.
  5. Le uccido.
  6. In santa pace.
  7. A cacciarsi.
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