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244 Sonetti del 1835

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ER PERAMPRESSO[1]

  Ho capito, Matteo, risémo llì.[2]
“Un po’ a la vorta: Iddio sce penzerà:
Dàmo tempo: si è rrosa fiorirà....„
Bbravo, cojjone mio: sempr’accusì.

  A ’ggni vassallo che tte viè a ttradì
Te la sgabbelli via[3] cór lassa fà.
Dunque tu nu lo sai che a Llassafà
J’arrubborno la mojje, eppoi morì?

  Jerassera sfassciassi[4] un gabbarè
Pe’ rrabbia de vennetta,[5] e adesso mó
Sei diventato un pìzzico?[6] e pperchè?

  Tu mme pari er fratel de sant’Alò,
Che ssempre speri che ssi ffoco viè,[7]
T’abbrusci er culo e la camiscia no.

23 agosto 1835

  1. Il perplesso, l’irrisoluto.
  2. Siam lì di bel nuovo.
  3. Ti togli d’impaccio.
  4. Sfasciasti.
  5. Vendetta.
  6. Ti sei avvilito.
  7. Se fuoco viene.
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