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Sonetti del 1834 16

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ER ZARTORE

  Ricco un zartore mo?! Stateve quieti.
A sti tempacci, che o nun c’è llavore,
O nnun ze[1] paga, chi ffa st’arte more
De la morte che ttocca a li poeti.

  Quanno che li Padriarchi e li Profeti
Se[1] squarciaveno addosso er giustacore,
Quello sì cch’era er tempo c’un zartore
Se[1] poteva arricchì ccome li preti.

  Poi, bbast’a vvede[2] l’accommida-panni
Si cche ffrega[3] in ner ghetto de la Rua[4]
N’è ssaputa restà ddoppo tant’anni.

  Lo so, llòro averanno arippezzato:
Ma, arittoppa arittoppa un mese o ddua,
Finarmente er zartore era chiamato.

4 dicembre 1834

  1. 1 2 3 Si.
  2. A vedere: [vedere.].
  3. [Quantità, moltitudine.]
  4. Sulla principal porta del recinto degli Ebrei di Roma è scritto: Ghetto della Rua. Quasi tutti que’ meschini vivono con racconciar panni vecchi, e van gridando per la città: Chi accomoda panni?
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