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256 | Sonetti del 1835 |
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ER DILETTANTE DE PONTE
Viengheno: attenti: la funzione è llesta.[1]
Ecco cór collo iggnudo e ttrittichente
Er prim’omo dell’opera, er pazziente,
L’asso a ccoppe, er ziggnore de la festa.
E ecco er professore che sse[2] presta
A sservì da scirùsico a la ggente
Pe’ ttré cquadrini,[3] e a tutti ggentirmente
Je cura er male der dolor de testa.
Ma nnò a mman manca, nò: ll’antro a mman dritta.
Quello ar ziconno posto è ll’ajjutante.
La proscedenza aspetta a Mmastro Titta.[4]
Volete inzeggnà[5] a mmé cchi ffà la capa?[6]
Io cqua nun manco mai: sò ffreguentante;
E er boia lo conosco com’er Papa.
29 agosto 1835
- ↑ È vicina.
- ↑ Si.
- ↑ Molto ben pagato è il carnefice, ed in qualunque servizio del suo mestiere gode di varii e bei profitti. Si vuole però che l’atto della uccisione del paziente siagli pagato tre quattrini, cioè 3 centesimi della lira romana (il papetto), a dimostrare la viltà dell’opera.
- ↑ Ogni carnefice è dai romani chiamato Mastro Titta.
- ↑ Insegnare.
- ↑ Capo, detto qui capa alla napolitana.
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