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Sonetti del 1835 271

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QUER CHE CCE VÒ, CCE VÒ

2.

  Tutt’ar contrario de quer ch’è da mé.
La padroncina mia, che in quel’età
Nun trova ppiù er babbeo che jje ne dà,[1]
Ccià attorno un disperato e lo mantiè.[2]

  Per cui, siccome su’ marito[3] è er re
De tutta quanta la cojjonità,
Lei sce curre[4] a lo sgriggno e jje ne fa
Nnove parte pe llui, una pe ssé.

  S’io me n’accorgo? Me n’accorgo sì;
Mma mme sto zzitto, Checco[5] mio, me sto,
Pe li sconcerti che ne pònno usscì.

  E llei che nnota sta mi’[6] gran vertù,
M’arigala[7] oggni tanto; e io je fo[8]
La guardia ar cane, si mmai viènghi sù.[9]


2 settembre 1835

  1. Le ne dia.
  2. E lo mantiene.
  3. Suo marito.
  4. Ci corre.
  5. Francesco.
  6. Questa mia.
  7. Mi regala.
  8. Le fo.
  9. Se mai venga su.
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