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Sonetti del 1835 297

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:307|3|0]]cipale fra le chiese di Roma dedicate alla Madonna., Nibby, Itinerario di Roma ecc., corretto ed ampliato ecc. dal prof. Filippo Porena; Roma, 1883; pag. 130.]

LE MAN'AVANTI

  Ggiù cco le mano;[1] se stia fermo; e ddua.
A cchi ddico? E da capo! Ahà, ho ccapito:
Savio, sor Conte, chè jje scotto un dito.
Ma ssa cche llei è un ber porco da ua?[2]

  Me pare una vergoggna a mmé sta bbua[3]
Co ’na zitella che nun ha mmarito.
Dunque me lassi in pasce:[4] ecco finito;
E sse tienghi le mano ccasa sua.[5]

  Ôoh, adesso principiamo co’ la gamma.[6]
Vò ffinilla sì o nnò? Bbadi, Eccellenza,
Nun ciariprovi[7] veh, cchè cchiamo Mamma.

  E cche sse[8] crede lei? de stà ar precojjo?[9]
Io co’ llei nun ce pijjo confidenza,
E ste su’[10] libbertà mmanco le vojjo.

14 settembre 1835

  1. Mani.
  2. Un bel porco da uva: sozzo in grado estremo.
  3. Questa storia, questa faccenda, ecc.
  4. Mi lasci in pace.
  5. E si tenga le mani a sé.
  6. Gamba.
  7. Non ci riprovi.
  8. Si.
  9. Al proquoio.
  10. E queste sue.
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