< Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Sonetti del 1835 | 301 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:311|3|0]]
VATT'A TTENÉ LE MANO
Marta, h Marta! — Ch’edè?[1] — Mmarta. — Che vvòi? —
Porteme ggiù er tigame de la colla. —
Venite sù a ppijjavvelo[2] da voi,
Ch’io sto ar foco a ssuffrigge la scipolla. —
Io nun posso lassà, cchè cciò una folla
De cose da finì. — Sse[3] ffanno poi. —
Vedi, Marta? Eppoi dichi uno te bbolla!.[4] —
Oh ccanta. — Marta, dico: ànimo, a nnoi. —
C’avete, padron Peppe,[5] che strillate? —
Ôh, mmastro Checco:[6] l’ho cco cquela strega
Che mme porti la colla. — Ebbè, aspettate.
Èccheve[7] er callarello der padrone:
Tanto noi mó sserramo la bbottega. —
Grazzie, e cco bbona ristituzzione.
16 settembre 1835
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.