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Sonetti del 1835 313

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ER BON CORE DE ZIA

  Sentite bben’a mmé, bbella zitella.
Mó cc’a vvoi padre e mmadre ve sò[1] mmorti,
Vostro zzio s’è incornato[2] che vve porti
Co mmé cche ppotrebb’esseve[3] sorella.

  Dunque volenno voi ch’io ve sopporti,
Stamo[4] in tono e nun famo la ggirella;[5]
Perch’io nun vojjo né sservì dd’ombrella
Né rraddrizzà li scervellacci storti.

  Ggià cche la sorte nun m’ha ddato fijji,
Piuttosto che de fà la guardia a vvoi
È mmejjo ch’er ziggnore v’aripijji.[6]

  Ce sem’intesi? Aringrazziam’Iddio.
E ssoprattutto nun ze[7] scordi poi
Che cqui in sta casa sce commanno[8] io.

20 settembre 1835

  1. Vi sono.
  2. Si è ostinato.
  3. Potrei esservi.
  4. Stiamo.
  5. La capricciosa.
  6. Vi ripigli.
  7. Non si.
  8. Ci comando io.
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