< Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
340 Sonetti del 1835

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:350|3|0]]

LA LUSCERNA.

1.

  Pio, fa’ er zervizzio, attizza un po’ cquer lume,
Ché nun ce vedo ppiù mmanco er lavore.
Me pare de stà in grotta a sto bbarlume:
Me sce viè un male: me se serra er core.

  Ôoh, llaudata la lusce der Ziggnore!
Via, nu l’arzà ppoi tanto, ché ffa ffume...
Bbona notte, sor Pio. Dar fosso ar fiume:
Sém’arimasti tutti d’un colore.

  Tuta,[1] va’ a ccérca[2] un zorfarolo,[3] lesta,
Che ll’appicciamo cqui ddrent’ar marito.[4]
Fa’ cco ggiudizzio, veh:[5] bbada a la testa.

  Indóve sei?... da’ cqua... Ma, Ttuta, Pio,
Che vve fate llaggiù? Bbe’, bbe’, ho ccapito:
Da cqui avanti però smoccolo io.[6]


  1. Gertrude.
  2. Va’ a cercare.
  3. [Zolfanello.]
  4. Dentro al caldanino, o, come in Roma dicesi comunemente, scaldino. [v. la nota 7 del sonetto: Una ne fa ecc, 15 genn. 35.]
  5. Vedi, avverti, sai, ecc. È un modo di ammonizione.
  6. [Questo sonetto non ha data; ma lo metto qui, perchè il seguente, a cui è legato, è del 1° ottobre 1835.]
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.