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Sonetti del 1835 | 373 |
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ER CAVAL DE BBRONZO
E ddàjjela[1] co̍r trotta e ccór galoppa!
Io v’aritorno a ddì, ppadron Cornelio,
Ch’er famoso caval de Marc’Urelio
Un antro po’ ccasca de quarto o schioppa.[2]
Er zor Don Carlo Fèa, jjeri, e nun celio,
Ce stava sopra a ccianche[3] larghe in groppa,
E strillava: “Si[4] cqua nnun z’arittoppa,
Se[5] va a ffà bbuggerà ccom’un Vangelio.„[6]
L’abbate aveva in mano un negroscopico[7]
E ssegguitava a urlà ppien de cordojjo:
“Cqua cc’è acqua, per dio! questo è rritropico.„[8]
Disce inzomma che ll’unica speranza
De sarvà Marc’Urelio in Campidojjo
È er fajje una parèntisi[9] a la panza.
1° novembre 1835
- ↑ E dàgli, e seguita a dire che trotta e che galoppa.
- ↑ Poco mancava che cadesse, ecc., o scoppiasse.
- ↑ Gambe.
- ↑ Se.
- ↑ Si.
- ↑ Cioè: “veramente, senza dubbio.„
- ↑ Microscopio. E negroscopioFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte, non negroscopico, dice anche altrove. Sicchè io credo che il difetto di rima con ritropico non sia una svista; ma che il Poeta, per non tradire la verità del linguaggio, si sia contentato della semplice assonanza.]
- ↑ Idropico.
- ↑ È il fargli una paracentesi, ecc. Difatti, il famoso cavallo erasi col tempo riempiuto di acqua e minacciava di crollare. L’abate Fea, commissario vigilantissimo delle antichità, vi fece riparare.
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