< Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

Sonetti del 1834 29

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:39|3|0]]

UNA RISULUZZIONE.

  Er frate zzoccolante Fra Mmodesto,
che li libbri li sa ttutti a mmemoria,
m’ha rriccontato una gran bell’istoria
successa in ner papato de Pio Sesto.

  Disce lui dunque, e lo sostiè, che cquesto
prima d’annà a ggodé l’eterna groria
vorze[1] annà a Vvienna a ggastigà la bboria
d’un re cche ccamminava troppo presto.

  Arrivò, cce parlò, jje disse tutto;
e, cquann’ebbe finito, er Re ttodesco
disce che jj’arispose assciutto assciutto:

  «Pio Sesto mio, vatte a ffà fotte, e ddamme...»[2]
Allora er Papa cche cconobbe er fresco[3]
ritornò cco la coda tra le gamme.

10 dicembre 1834

  1. Volle.
  2. Dammi di barba, ecc.
  3. Conobbe l’aria che tirava.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.