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404 Sonetti del 1836

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A CQUELA FATA DE LA SSCIUZZERI[1]

  Sce ne sò[2] state cqui de canterine
Da favve[3] tremà in petto la corata;
Ma ddoppo intesa st’angela incarnata,
Nun c’è rrimedio, s’ha da scrive[4] Fine.

  Tiè una vosce ch’è un orgheno: è aggrazziata
Ner gestì, ppiù de diesci bballerine:
Ha ccerte note grosse e ccerte fine
C’una che vve n’arriva è una stoccata.

  Disse bbene la fìa[5] de Ggiosaffatte
Su in piccionara[6] co’ ppadron Margutto:
Sta donna me va ttutta in zangue e llatte.

  E a cchi er zu’ canto je paressi[7] bbrutto
Bbisoggna ch’er Ziggnore j’abbi[8] fatte
L’orecchie foderate de presciutto.[9]

9 febbraio 1836

Annotazione al verso 14

[Alla stessa Schütz, famosa cantatrice, il Belli indirizzò anche questo sonetto italiano, che ho trovato tra le sue carte:

  Spirto celeste sotto umane spoglie,
Che verso il ciel dove albergasti pria
Le nostro alme ti traggi in compagnia,
E il ciel per tua virtù s’apre e le accoglie,

  Deh al volgo non badar, se il labbro scioglie,
Vano o scortese, a biasmo o villania.
Lascialo in terra ov’è. Stolta genia
Non dà fama nel mondo e non la toglie.

  1. Amalia Schütz Oldosi veramente prodigiosa cantatrice, per l’opera I Puritani di Bellini, nel romano teatro di Tordinona.
  2. Ce ne sono.
  3. Da farvi.
  4. Scrivere.
  5. La figlia.
  6. È il paradis dei Francesi, il lubion de’ Lombardi. [E la piccionaia e il lubbione de' Toscani.]
  7. Paresse.
  8. Gli abbia.
  9. Vedi Annotazione al verso 14.
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