< Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
410 | Sonetti del 1836 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:420|3|0]]
ER RIFRESCO DER ZOR GIACHEMO[1]
Serva sua, siggnor Giachemo. È ppremesso?[2]
Se pò entrà?[3] Ccome va la partoriente?
Oh mmanco male, via, nun zarà ggnente.
Dio la conzòli co’ mmill’antri[4] appresso.
E er pupetto? Che nnome j’hanno messo?
Perchè, inzomma, vedenno tanta ggente,
Me vojjo figurà nnaturarmente
Che ll’hanno, dico, bbattezzato adesso.
E cchi ha aùto,[5] s’è lléscito, l’avvanto[6]
D’èsse[7] er compare? Ih, gguardi, er zor Cassciano!
Me n’arillegro tanto, tanto, tanto.
Dunque lei je lo dàssivo[8] pagano
E llui cór un po’ d’acqua e dd’ojjo santo,
Eccolo llì, vve l’aridà[9] ccristiano.
22 febbraio 1836
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.