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430 Sonetti del 1836

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LE SPERANZE DER POPOLO

  Ggià, ll’ùrtima che mmore è la speranza.
Ma ddoppo che ss’è ddetto Un Papa frate,
Io nun zo ccosa diavolo sperate:
Forzi[1] quarche mollica quanno pranza?

  Sperà bbene da lui? co’ cquela panza?
Co cquela faccia fra er tre e’ l’cinque?[2] Oh annate,[3]
Annate, fijji mii: ste bbuggiarate
Ar monno d’oggi nun zò[4] ppiù dd’usanza.

  La Santità de sto Nostro Siggnore
Lo sapete a cche ppenza? A vvive[5] quieto
Senza dolor de testa e mmal de core.

  Lui a nnoi sce se tiè[6] ttutti derèto,[7]
E, ar più, sse n’aricorda pe’ ffavore
Quanno maggna la sarza co’ l’asceto.[8]

26 marzo 1836

  1. Forse.
  2. Fare il tre e il cinque: faccia di quattro, cioè faccia di c... Ci vergogniamo a dirlo.
  3. Oh andate.
  4. Non sono.
  5. A vivere.
  6. Ci si tiene.
  7. Di dietro.
  8. La salsa coll’aceto.
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