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Sonetti del 1836 431

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LE DONNE LITICHÍNE[1]

1.

  Indov’èlla, indov’èlla[2] sta caroggna
C’ha la ruganza[3] de menà a mmi’ fijja?
Essce[4] fora, animaccia de cunijja,[5]
E vvederai si cciò[6] arrotate l’oggna.[7]

  Nò, llassateme stà, ssora Sciscijja:[8]
Nun me tené, Mmaria, c’oggi bbisoggna
C’a cquella bbrutta sfrìzzola d’assoggna[9]
Me je dii du’ rinnacci a la mantijja.

  Va’, vva’, ppuzzona[10] da quattro bbajocchi:
Bbrava, serrete drento, mmonnezzara[11]
De scimisce,[12] de piattole[13] e ppidocchi.

  Ma aritórnesce,[14] sai, facciaccia amara?
Ché cquant’è vver’Iddio te caccio l’occhi
E li fo ruzzolà[15] ppe’ la Longara.[16]

27 marzo 1836

  1. Litigiose.
  2. Dov’è dov’è?, quasi dove è ella, dov’è ella?
  3. L’arroganza.
  4. Esci.
  5. Di coniglio, ed essendo femmina le dice coniglia.
  6. Se ci ho: se ho.
  7. Le unghie.
  8. Signora Cecilia.
  9. Gli sfrizzoli [ciccioli in molti luoghi di Toscana, ma a Firenze, più comunemente, siccioli] sono quelle pellicole mezzo asciutte che rimangono della sugna [assóggna] dopo colatone il grasso strutto.
  10. Bagascia.
  11. Sozzona. [Monnezzaro: mondezzaio.]
  12. [Di cimici.]
  13. [Piattola, a Roma, nell' Umbria e chi sa in quanti altri luoghi, corrisponde al toscano piattone; mentre poi il toscano piattola equivale al romanesco bacherozzo. E questa è, in casi, la cosidettaFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte lingua italiana!]
  14. Ritornaci.
  15. Rotolare.
  16. La Lungara, contrada in Trastevere.
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