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432 Sonetti del 1836

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LE DONNE LITICHÍNE II

2.

  A cchi le man’addosso?! Ruffianaccia
Der zangue tuo,[1] cco mé ste spacconate?[2]
Nun m’inzurtà,[3] pe’ ssant’Antonio Abbate,
Ché tte scasso[4] l’effiggia de la faccia.

  Sti titoli a le femmine onorate?
Scànzete,[5] Mèa, nun m’affermà[6] le bbraccia:
Fammeje[7] scorticà cquela bbisaccia
Larga come la sporta der zu’ frate.

  Che tte penzi? de fà[8] cco cquer ccornuto
De tu’ marito?.... — Ah strega fattucchiera,
Pijja sù ddunque. — Oh ddio! fermete:[9] ajjuto!.

  Nò, nnò, tte vojjo fà sto culo grinzo[10]
Com’un crivello, e sta panzaccia nera
Più sbusciata, per dio, der cascio sbrinzo.[11]

7 marzo 1836


  1. Della tua figliuola o delle figliuole.
  2. Con me queste iattanze?
  3. Non m’insultare.
  4. [Ti casso, ti cancello.]
  5. Scansati.
  6. Non fermarmi. [Mèa: Bartolomea.].
  7.  
  8. [Di fare:: d'aver a che fare.]
  9. Fermati.
  10. [Grinzoso.]
  11. Cacio [bucherellato, che vuiene dalla Svizzera, e somiglia molto al Gruyères].
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