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Sonetti del 1836 433

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LE DONNE LITICHÍNE

3.

  Ch’edè sto tatanài?[1] Stamo[2] a la ggiostra?[3]
Lassa stà cquela donna, vassallona.[4]
E vvoi, sora scucchiaccia[5] bbuggiarona,
Arzàteve da terra, e a ccasa vostra.

  E cche, ssangue de ddio!, sta strada nostra
È ddiventata mó Piazza Navona?[6]
Oggni ggiorno, pe’ ccristo, una canzona!
Sempre strilli, bbaruffe e cchiappe in mostra!

  Me fa spesce[7] de voi che sséte[8] vecchia,
E ddate un bel’essempio ar viscinato.
Sù, a ccasa, o vve sce porto pe’ un’orecchia,

  Vvöi poi, sor’arpia, pe’ ddio sagrato!,
Nun me chiamate ppiù mmastro Nardecchia,
Si[9] un’antra vorta nun ve caccio er fiato.

27 marzo 1836

  1. Che è questo strepito?
  2. Stiamo.
  3. [La giostra del toro. V. il sonetto:La ggiostra a Ggorèa, 25 nov. 31.]
  4. [Mascalzona.]
  5. Mento lungo, aguzzo.
  6. Sulla qual piazza si tiene mercato.
  7. Mi fa specie, maraviglia.
  8. Siete.
  9. Se.
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