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Sonetti del 1834 | 49 |
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LA LÈGGE DER DIESCI NOVEMBRE[1]
E hanno ardire de dì ccerti bbuffoni
Che ss’appolleno[2] a Rroma a ffà la cova,
Che in ne le case nostre sce se[3] prova
Un freddo da cannisse[4] li cojjoni!,
Mentre ch’er Papa a ttutti li cantoni,
Pe’ cquanti ggiorni l’anno s’aritrova,
Je fa appricà ’na camisciola nova
D’editti, Moti-propî e ccedoloni!
Lo vedete quell’omo co’ la pila?
Eccheve[5] un antro editto che ddà ffora,
E vve l’incolla a ddiesci fojji in fila.
Bbenedetta la mano che ll’ha scritto,
E ppòzzi scrive[6] pe’ ttant’anni ancora
Pe’ cquanti antr’anni[7] camperà st’editto.
23 dicembre 1834
- ↑ , si trovarono sulla porta del compilatore di esso, avvocato Luigi Bartoli, le seguenti parole: Lunario nuovo per l’anno 1835. Il satirista ingiuriò le stabilissime leggi della Santa Sede, che non sono, effemeridi, ma bolle di sapone.
- ↑ Fanno nido.
- ↑ Ci si.
- ↑ Da candirsi.
- ↑ Eccovi.
- ↑ Possa scrivere.
- ↑ Altri anni.
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