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70 | Sonetti del 1835 |
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LA TARIFFA NOVA
Quelli che cciànno,[1] co’ sto novo editto[2]
Doppie, luviggi, pezzette,[3] zecchini,
Napujjoni e ggijjati,[4] poverini!
Pònno dì ppuro[5] d’avé ffatto er fritto.[6]
Nun z’era inteso mai c’avé cquadrini
A sto monno che cqua[7] ffussi delitto;
E cquesto è er primo banno[8] che vva dritto
Contro a li grossi e nnò a li piccinini.
Co sta bbuggera nova de tariffa,
Chi spaccia d’èsse[9] ricco com’e jjeri
Disce una farzità, spara una miffa.[10]
Figurete Turlonia,[11] co’ ste[12] ladre
Combriccole futtute de bbanchieri,
L’accidenti che mmanna[13] ar Zanto Padre.
11 gennaio 1835
- ↑ Ci hanno: hanno.
- ↑ Al giungere di questo nuovo editto: pubblicato il 10 gennaio 1835. [E che era appunto la nuova tariffa per regolare il corso legale delle monete, a forma del chirografo della Santità di Nostro Signore, Papa Gregorio XVI ecc.]
- ↑ [Pezzetta, moneta d’oro, spagnola: peseta. La vecchia, sino al 1785, era apprezzata nella tariffa sc. 1, 00; la nuova, dal 1786 in poi, sc. 0, 96.]
- ↑ x
- ↑ Possono dir pure.
- ↑ Di essere rovinati. [Si badi che, per conto dell’autore, tutto il sonetto
è ironico; giacchè in realtà la tariffa non escludeva dal corso
legale nessuna delle monete qui nominate, ma solo ne deter-
minava più equamente il valore. E l'esclusione d’ altre
monete più rare, per chi ne possedeva qualcuna non era certo
un gran danno.] - ↑ A questo mondo qua.
- ↑ Bando.
- ↑ Es- sere.
- ↑ sere.
- ↑ Menzogna.
- ↑ Don Alessandro Torlonia, soprannominato il Salvatorello dî Roma in grazia delle usure fatte al Governo nelle urgenze del 1881: di che vedi il sonetto... [I sonetti in cui si parla delle urgenze del 1831 sono molti, e quindi io non potrei precisare a quale il Belli qui alluda. Tra essi però non ce n’è nessuno, che accenni espressamente al Torlonia; il quale è bensi nominato a proposito d’altro in altri sonetti, e in uno che metto qui, perchè rimasto incompiuto. Per intenderne il nono verso, bisogna ricordare che il Torlonia aveva ottenuto, a patti molto rovinosi per il Governo, l'appalto de’ sali e tabacchi:
UN PAESE SUR UN TETTO.
Che ccià cche ffà ll’acqua arta o ll’acqua bbassa,
E i fumi e ll’antenatichi e ll’onore!
Mo Turlòni è un bravissimo siggnore,
E ha ssempre pronto er mijjoncino in cassa.
Che cc’entra, pe’ imbrojjamme la matassa,
Si er nonno era o nun era un zervitore?
Er nonno è morto, e cquann’un omo more,
Nun ze penza ppiù a llui, ma a cquer che. lassa.
Sortanto co’ li sigheri che venne,
Cosa j' ha da importà si l’archidetti
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . fàllo spenne.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . tetti
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . castell'in aria.] - ↑ [Con queste: e queste.]