< Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.
72 Sonetti del 1835

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:82|3|0]]

LI PORTRONI

  Caro sor cul-de-piommo,[1] io ve la dico
Co llibbertà ccristiana: a mmé[2] la ggente
C’ha pper estinto[3] de nun fà mmai ggnente
L’ho a ccarte tante[4] e nnu la stimo un fico.

  Dio ne guardi sto vizzio a ttemp’antico
Si[5] l’aveva Iddio Padre onnipotente;
Er monno nun nassceva un accidente,[6]
E nnoi mò nnun staressimo[7] in Panico.[8]

  A ttutto ha d’arrivà la Providenza!
E ssempre se[9] va avanti co’ lo spero
E cce sarà er Ziggnore che cce penza.

  Grattapanze futtute! e cche! er Ziggnore
L’hanno pijjato a ccòttimo[10] davero?
Lavorate, per dio! Pane e ssudore.

11 gennaio 1835

  1. Cul-di-piombo: uom pigro.
  2. A me qui sta per “io.„
  3. Ha per istinto.
  4. L’ho dietro.
  5. Se, nel senso di particella dubitativa.
  6. Non nasceva affatto.
  7. Non staremmo.
  8. Contrada di Roma presso la Mole Adriana.
  9. Si.
  10. Prendere a cottimo, qui vale: “abusarsi di altrui.„
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.