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64 | Sonetti del 1835 |
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LI STRANUTI
Io nun posso capì dda che ne naschi
Che ssentenno la ggente li stranuti[1]
Abbino da infirzà ttanti saluti,
E ggnente pe’ la tosse e ppe’ li raschi.
“Pròsite,[2] bon pro, evviva, Iddio v’ajjuti,
Doppie, filiscità, ppieni li fiaschi,
E ttìtera,[3] e ssalute, e ffijji maschi„,
Ché ar risponne[4] sarìa[5] mejjo èsse muti.
Quer negozziante de grescìli e ccreste[6]
Disce che ttanti bbelli comprimenti
Sò vvenuti pe’ ccausa d’una peste.
La peste ha da fà ll’ommini aducati!
Sarìa[7] come li Santi Sagramenti
Inzeggnassero ar monno a ffà ppeccati.
16 gennaio 1835
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