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Sonetti del 1837 107

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LA VITACCIA DE LI SOVRANI

  Semo arrivati a un tempo, sor Giascinto,
Che, ppiù o mmeno, sti poveri Sovrani
Ce li tratteno peggio de li cani;
E cquarc’onore che jje fanno è ffinto.

  Ché ssi nun fussi[1] pe’ cquer po’ d’istinto
C’hanno de commannà ssu li cristiani,
Oppuramente[2] pe’ rrispetti umani,
Ggnisuno[3] in trono ce starìa dipinto.

  Vive,[4] per cristo, sempre immezz’ar foco!
Io nun vorébbe èsse[5] sovrano, manco[6]
Me fascessino[7] re, cche nun è ppoco.

  Ve pare, cazzo, piccolo cordojjo
Quer rispirà ccór vassallume accanto,
Sempre nimmichi come l’acqua e ll’ojjo?[8]

26 maggio 1837

  1. Se non fosse.
  2. Oppure.
  3. Nessuno.
  4. Vivere.
  5. Non vorrei essere.
  6. Neppure se.
  7. Mi facessero.
  8. Olio.
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