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108 Sonetti del 1837

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LA COMMUGGNON[1] DE BBENI

  Ve s’aricorda a vvoi de quer misciotto,[2]
De quello scannataccio[3] verd’e mmezzo[4]
C’aggnéde[5] via dar cardinal Arezzo
Pe’ ggrattapanza,[6] ggiucatore e jjotto?[7]

  Sì, cquer busciardo.[8] Ebbè, ssàbbit’a otto
Me se[9] presenta cqua ttutto d’un pezzo,[10]
E mme disce onto onto:[11] “Ch’edè[12] ir prezzo
Di sti granelli?„ “Ôh, avete vint’al lotto,

  Che vve vedo in lumaca?„,[13] je fesc’io.[14]
Disce: “Zzh.„[15] Dico: “State accommidato?.„[16]
E llui: “Bbasta accusì: ccampo der mio.„

  “Nun zerv’antro,[17] munzù„, ddico: “ho mmaggnato.[18]
Vita cummune come piasce a Ddio.
  Me n’accorgo dar brodo ch’è stufato.„

27 maggio 1837

  1. Comunione.
  2. Miciotto, miciottello: meschino, male in arnese.
  3. Disperataccio.
  4. Squallido, lurido. Mézzo, cioè “vizzo„, si pronunzia con le zz aspre come vezzo.
  5. Che andò.
  6. Poltrone.
  7. Ghiotto.
  8. Bugiardo.
  9. Mi si.
  10. Ritto ritto.
  11. Con affettata disinvoltura.
  12. Che è.
  13. Orologio.
  14. Gli dissi io.
  15. No.
  16. Siete a servizio?
  17. Non serve altro.
  18. Ho compreso.
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