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Sonetti del 1838 155

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A LA SOR'ORZOLA

  Dico, perdonerà, ssor’Orzolina,
si ho vvorzuto arrocchià,[1] ddico, un zonetto,
pe’ ddàllo a llei dimenic’a mmatina[2]
appena ssceggne ggiù, ddico, dar letto.

  Lei, dico, ha un tocco de corata in petto,
che ssimmai quarche vverzo nun cammina
scuserà, ddico, un povero pivetto[3]
che ccòmpita pe’ ggrazzia[4] la dottrina.

  Io nun zò, ddico, un conte o un cardinale
o cquarc’antra perzona de talento:
la mi’ testa è una testa duzzinale.

  Si[5] er mi’ sonetto da un bajocco er cento
zoppica e nun è rrobba pe’ la quale,[6]
bbasta che llei gradischi er comprimento.

18 ottobre 1838

  1. Se ho voluto gettar giù, raccapezzare così in grosso.
  2. Domenica 21 ottobre 1838, giorno di Sant’Orsola.
  3. Ragazzo.
  4. Che ha a caro e grazia di compitare, ecc.
  5. Se.
  6. Non è roba conveniente.
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