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186 Sonetti del 1843

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LA VENNITA DER BREVETTO

  E cche ssarieno le vostre protese[1]
Pe’ ottanta scudi su la mi’ penzione?
Che me volete dà, ssor Zalamone,
A rripijjalli a ccinque scudi er mese? —

  Ve darò vvintidua bbelli piastroni[2]
Tutti in moneta fina del paese,
Ve va bbeene?[3] Però ttutte le spese
A cconto vostro, com’è ddi raggione.[3]

  Frègheve, sor giudìo, che ggaleotto!. —
Mordivói,[4] vinticinque, e vve do assai. —
Ladro! — Bbe’, andiamo, saranno vintootto.[3]

  Tu vvòi pijjamme in gola. — Animo, via,
Eccome trenta tonni; e bbadanai,[5]
Ce state meglio voi per vita mia.[3]

16 maggio 1843

  1. [Protese.]
  2. Accrescitivo di piastre, che son poi tutt una cosa con gli scudi. Ma chi non sente la verità e la comicità di questo cambiamento di nome e dell’averlo fatto accrescitivo per giunta?)
  3. 1 2 3 4 [Peculiarità del romanesco del Ghetto. Cfr. la nota 8 del sonetto: Li du' testamenti, 9 magg. 35.]
  4. [“Mordivdi,, dice altrove il Belli, “è una parola con la quale gli Ebrei di Roma esclamano nel parlare altrui, o se ne servono come di voce pronominale di apostrofe., Non è altro che un accorciamento di per amor di voi.]
  5. [Esclamazione enfatica, derivante dall’ebraico badonai (perdio), e al tempo del Belli molto usata tra gli Ebrei di Roma, de’ quali però anche i volgari la pronunzia- nel senso di "Ebrei in generale,„ là dove scrisse: "Le sette de’ Rabini e de’ Badanai.„ In Toscana poi, badanai, badananai o badanaio, significano: "grida confuse di più persone:„ che i Romaneschi invece dicono tatanài.]
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