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24 Sonetti del 1836

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi V.djvu{{padleft:34|3|0]]populus Agag., (Reg., I, cap. XV.)      5 Ed eccoti.      6 Quasi peccatum ariolandi est repugnare, et quasi scelus idolatriae nolle acquiescere.„(Reg., I, cap. XV.)      7 “Scidit Dominus regnum Israel a te hodie, et tradidit illud proximo tuo meliori te„. (Ibid.)      8 Dov’è il re che tu salvasti? “Adducite ad me Agag regem Amalec„(Ibid.)      9 "Et oblatus est ei Agag pinguissimus et tremens.„ (Ibid.)      10 Alzò.      11 Coltellaccio un po’ simile ad una scure. [V. la nota 2 del sonetto: La nascita, 17 genn. 32.]      12 “Et in frusta concidit eum Samuel.„ (Ibid.)


ER RITORNO DA CASTERGANDORFO[1]

  Circa a vventitré e un quarto er Padre Santo
S’affermò a bbeve[2] a Ttor de mezza via;[3]
Poi rimontò in carrozza e ffesce[4] intanto:
“Sù, ggiuvenotti, aló,[5] ttiràmo via.„

  Me crederai, si[6] tt’aricconto in quanto
Arrivò a Rroma? Ebbè, a la vemmaria
Gia stava a ccasa e sse tieneva accanto
Er zolito bucal de marvasia.[7]

  Era tanto quer curre scatenato,
C’a Pporta San Giuvanni lo pijjòrno[8]
Per un Zommo Pontescife scappato.

  E mmo averessi[9] da vedello adesso,
Come ride ar zentì[10] cquanti in quer giorno
Pissciòrno sangue pe ttenejje[11] appresso.[12]

31 ottobre 1836

  1. Castel Gandolfo, sul Lago Albano: villeggiatura ordinaria dei Papi. [Dal Diario di Roma, e dal Diario inedito del principe Agostino Chigi, che si conserva nella Chigiana, rilevo che Gregorio XVI parti per Castel Gandolfo il 17 ottobre 1836,
  2. Si fermò a bere.
  3. Osteria e posta. [A metà della nuova Appia tra Albano e Roma, cioè a circa otto miglia dall'una e dall'altra. C'è poi un'altra Torre di mezza via, a mezza strada tra Roma e Frascati.]
  4. [Fece]: disse.
  5. Viene dal francese allons.
  6. Se.
  7. [Il solito boccale, poco più di due litri, di] malvasia. Qui il nostro romanesco è male informato. Doveva dire: marsala.
  8. Pigliarono.
  9. Avresti.
  10. Al sentire.
  11. Tenergli.
  12. [Il Qualterio, che pure trova in Gregorio XVI parecchie lodevoli qualità, dice però che era "ignaro d'ogni affezione„ e "triviale negli scherzi, appresi nell'educazione claustrale.„ Gli ultimi Rivolgimenti Italiani; 2a ediz.; Firenze, 1852; vol. IV, pag. 333-34.]
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