< Pagina:Sonetti romaneschi V.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Sonetti del 1837 67

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi V.djvu{{padleft:77|3|0]]

LI DILETTANTI DEL LOTTO

3.

  Come diavolo mai me so’[1] accecato
A nun capì la gàbbola der mago!
Ma ssenti: l’incontrai sabbito[2] ar lago;[3]
Disce: “È da jjeri che nun ho mmaggnato.„

  Lo porto all’osteria: lui maggna: io pago:
L’oste sparecchia; e ddoppo sparecchiato,
Er mago pijja un cane llì accucciato[4]
E jje lega la coda co uno spago.

  Io fo un ambo: tre er cane, e ccoda ar nove.
Ebbè, azzécchesce[5] un po’? ppe’ pprim’astratto[6]
Viè ffora com’un razzo er trentanove.

  Ma eh? ppoteva dàmmelo ppiù cchiaro?
Nun l’averìa[7] capito puro[8] un gatto?
L’avevo da legà, pporco-somaro!

26 febbraio 1837

  1. Mi sono.
  2. Sabato.
  3. In ogni sabato e domenica di agosto si allaga artificialmente la Piazza Navona.
  4. Cucciato. [No. In questo caso, anche in Toscana si direbbe accucciato. V. l'ultima nota del sonetto: L'età ecc., 14 mar. 34.]
  5. Azzeccaci: indovinaci.
  6. Estratto.
  7. L’avrebbe.
  8. Pure.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.