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82 Sonetti del 1837

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LA FREBBE MAGGNARELLA[1]

  Quer che ssia l’appitito, a Ssarafino
Sta’ ccerta ch’er maggnà nnun j’arincressce.
Jerzera se sparì[2] un piatton de pessce
Che ssarebbe abbastato pe’ un burrino.

  Lui men de tre ppaggnotte nun ze n’essce;
E lo vedessi come trinca er vino!
Naturale: ha ddu’ spalle da facchino...
È er zu’ tempo: se sa, ccarne che ccressce.

  Va’ dd’un cosscetto[3] cosa sc’è arimasto!
Che cce volemo fà? llassa che mmaggni.
Nun ze pò ttrattené: ppropio è de pasto.

  Li fijji de salute è ttempo perzo[4]
Er dijje abbasta:[5][6] ttutti compaggni.
Nun farebbeno ar monno antro[7] c’un verzo.

6 marzo 1837

  1. Dicesi di chi mangia molto e spesso aver lui la febbre mangiarella.
  2. Si sparì: si divorò: fece sparire.
  3. La coscia di un capretto o agnello.
  4. Perduto.
  5. Il dirgli (dir loro) basta.
  6. Sono.
  7. Altro.
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