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Sonetti del 1837 89

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ER FIJJO D'ORO

  Che ttalento de fijjo! Uh bbenedetto!
Je spunteno le grazzie co’ li denti.
C’è la commare che nn’ha ffatti venti
e cce ggiura ch’è un angelo, un folletto.

  Eccolo, ancora me s’attacca ar petto,
sì e nnò vva ssolo, e ggià ddisce accidenti.
Ha ttrenta mesi a mmaggio, e, ssi[1] lo senti,
bbiastima,[2] fijjo mio, com’un ometto.

  Lui pe’ strada ’ggni bbrécciola[3] che ttrova
nun pò ttiralla chè jj’amanca er fiato,
ma bbisoggna vedé ccome sce prova.

  Si ttanto me dà ttanto[4] appena nato,
da granne ha da venì ’na cosa nova:
ha da dà rresto[5] a ttutto er viscinato.

11 marzo 1837

  1. Se.
  2. Bestemmia.
  3. Breccia, per «sassolino, pietruzza».
  4. Giustissima regola del tre.
  5. Ha da dar brighe.
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