< Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Sonetti del 1831 | 95 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi VI.djvu{{padleft:105|3|0]]
ER PROFETA DE LE GABBOLE[1]
Voi sce gonfiate[2] da ’na man de[3] sere
Sor uscellaccio de le male nove[4]
Che in tutto quanto er Carnovale piove:
Pôzzi crepà lo stroligo[5] in braghiere![6]
C’abbitassivo[7] ar vicolo der bove[8]
Co vostra mojje a rregge er cannejjere[9]
Lo sapevo, ma nnò st’antro[10] mestiere
De rubbà ll’occhialino a Bbarbaggiove.[11]
Io ve lassai cuggnato[12] de li preti,
E vv’aritrovo mó tutt’in un botto[13]
Diventato Spacoccio de Rieti.[14]
Dunque, sor Casamia,[14] sor Omo dotto,
Sor Barbanera,[14] a nnoi, tra sti segreti
S’ariccapezza sto ternuccio all’Otto?[15]
Roma, 20 novembre 1831 – Der medemo
- ↑ Cabale.
- ↑ Ci annoiate.
- ↑ Da una mano di, ecc.: da cinque.
- ↑ Uccello di cattivo augurio.
- ↑ Possa crepar l’astrologo. Così rispondesi a chi predice sventure.
- ↑ Il brachiere è a Roma tenuto per un famoso barometro.
- ↑ Che abitaste, ecc.
- ↑ Cioè: «che foste cornuto».
- ↑ Candeliere.
- ↑ Quest’altro.
- ↑ Di antivedere il futuro.
- ↑ Cognato. Dicesi in Roma cognato a chi partecipa con altri d’una medesima donna.
- ↑ D’improvviso.
- 1 2 3 Tre famosi facitori e titoli di lunari.
- ↑ Al lotto.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.