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Sonetti del 1831 135

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LA BBALLARINA DE TORDINONE[1]

  Freghete, Chiara, cuanti sguizzi[2] novi!
E cchè!, vvienghi de razza de sciriole?![3]
E ssarti e ggiravorte e crapiole!...[4]
Accidenti che ccianche[5] t’aritrovi!

  Frulli, pe’ ccristo, cuelle du’ stajole[6]
E un par d’occhiacci accusì ffurbi movi,
C’a nnoi sce succhi com’e rrossi d’ovi,
E li tu’ atti li pôi dì pparole.

  Eh vviè, ppasciocca,[7] ar prato de Testaccio;[8]
Viè, si tte schifi de bballà su cquello,
La sera all’ostaria der Gallinaccio.

  Perch’io m’impegneria puro[9] l’uscello
Pe’ bballà inziem’a tté, ddoppo er carraccio,[10]
O ’na lavannarina o un zartarello.[11]

Roma, 20 febbraio 1832.

  1. La valente mimica e danzatrice Clara Piglia. Intorno al Teatro di Torre-di Nona, vedi il poema del Carletti intitolato: L’incendio di Tordinona, e scritto in male imitato vernacolo romanesco.
  2. [Guizzi.]
  3. [Le ciriole son piccole anguille, di cui si fa molto consumo a Roma.]
  4. Salti, giravolte, capriole.
  5. Gambe.
  6. [Propriamente, “staggi„; ma qui vale: “gambe sottili e svelte.„]
  7. Paciocca, cioè «bella e gradita donna».
  8. Su Testaccio vedi il sonetto...[Una lingua ecc., 2 dic. 32, nota 1]
  9. Pure.
  10. Il carro o carraccio, è certa specie di commedia in pessime ottave, nenia insoffribile cantata sul colascione e con le più sconce contorsioni, i di cui interlocutori, tutti uomini, sono sempre un ebreo, un facchino, una donna, specie di Pantalone, con un naso posticcio, ecc.
  11. I due balli più in voga presso il volgo: il primo di essi è aiutato da un certo gesto di mani, anzi laidetto che no. [Il saltarello corrisponde al “trescone„ de’ Toscani.]
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