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Sonetti del 1832 | 139 |
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LI MARITI!
(2.)
Mariti? eh, Dio! si le cose, commare,
Se potessi cuaggiù ffalle du’ vorte,
Prima de dì cquer padre sì[1] a l’artare
4Me vorrebbe da mé ddamme la morte.
Strapazzi de ’gni ggenere, cagnare,
Cazzottoni, croscette,[2] fuse-torte,[3]
Porca cquà, vvacca llà... che tté ne pare?
8Valla a ddisiderà sta bbella sorte.
Figurete ch’er mio che mm’ha ppijjata
Piena zeppa de robba, è ggià la terza
11Ch’inzino a la camiscia m’ha impegnata.
Senza dì poi che st’animaccia perza,[4]
Cuanno sémo... capischi?, ha la corata[5]
14De partìcce[6] a la dritta e la rovèrza.
Terni, 6 novembre 1832. |
- ↑ [A Roma, e forse anche altrove, a tutti i curati si dà il titolo di padre; e credo che ciò provenga dal fatto che una gran parte di essi son frati.]
- ↑ Digiuni.
- ↑ Corna.
- ↑ Perduta.
- ↑ Corata, per “cuore.„ Corata è presso il volgo “l’insieme de’ visceri del petto.„ Quindi, comperare una corata; fare una frittura di corata, ecc.
- ↑ Partirci: darcisi. [E questo verbo, avverte altrove lo stesso Belli, si pronunzia sempre “con un tal suono d’ironia.„]
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