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150 Sonetti del 1832

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LI SPIRITI.

4.

  Un mese, o ppoco ppiù, ddoppo er guadagno
De la piastra, che ffesce er zanto prete,
Venne pasqua, e ’r gabbiano[1] che ssapete
Cominciò a llavorà de scacciaragno.[2]

  “Ch’edè? Un buscio[3] ar zolàro![4] Oh pprete cagno,[5]
Fesce[6] allora er babbeo[7] che cconoscete:
“Eccolo indove vanno le monete!
[8] cche lo scudo mio scerca er compagno?.„

  Doppo infatti du’ notte de respiro,
Ècchete la Bbadessa de la muffa[9]
A ddajje ggiù cor zolito sospiro.

  “Sor Don Libborio mio, bbasta una fuffa„,[10]
Strillò cquello; “e lle messe, pe’ sto ggiro,[11]
Si le volete dì, dditele aùffa.„[12]

Roma, 21 novembre 1832.

  1. Imbecille, zimbello, ecc.
  2. All’avvicinarsi della Pasqua di Resurrezione si suole in Roma (e in quell’epoca sola dell’anno) spazzare le pareti e i soffitti delle case. Lo scacciaragno, nome che benissimo indica l’uso a cui è destinato, consiste in un fascio di... attaccato in cima ad una pertica o ad una canna.
  3. (con la c striscicata). Buco.
  4. Suolaio, soffitto.
  5. “Cane„: tolto da cagnaccio, o dal maschio della cagna.
  6. [Fece]: disse.
  7. x
  8. Formula di scommessa; come per esempio: Va un luigi che tal cosa accade? ecc.
  9. Antica: la Badessa de’ mille anni.
  10. Qui sta per “gherminella„; vale ancora: “bugia con malizioso scopo.„
  11. Per questa volta.
  12. Parola significante gratis, che dicesi derivare dalle sigle A. V. F. poste già dai Romani sulle moli che i popoli soggetti dovevano dirigere ed avviare senza mercede a Roma: cioè Ad Vrbem Ferant. [si veda invece quel che ne dive il Diez nel suo Dizionario mitologico.]
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