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172 Sonetti del 1832

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DE TUTTO UN PO'

  Nun ho vvergogna a ddillo: oggi me moro
Da la nescessità, ssora Felisce.
Sentite un po’ si cquarcuno ve disce
C’avessi mai bbisogno de lavoro.

  Lo sapete ch’io sò ppropio un tesoro:
Tesso le francie,[1] cuscio le camìsce,
Sò ssartora, scuffiara e stiratrisce,
Fo le lettre,[2] e rinnaccio all’aco d’oro.[3]

  M’ingegno de corzè, llavo merletti,
Filo, aggriccio, ricamo er filundente,
E ttrapunto cuperte pe’ li letti.

  E ttrattannose poi de cuarche amico...,
Co ’na scerta[4] pelletta trasparente...
Fò... vvienite a l’orecchia e vve lo dico.


Roma, 6 dicembre 1832

  1. Frange.
  2. Cioè le lettere a punto sulle biancherie.
  3. Rinacciare all’ago d’oro, si dice del «metter pezze in modo ricucite, che non si scorga la commessura».
  4. Certa.
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