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Sonetti del 1832 177

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SANTACCIA DE PIAZZA MONTANARA.[1]

1.

  Santaccia era una dama de Corneto
Da toccà ppe’ rrispetto co’ li guanti;
E ppiù cche ffussi de castagno o abbeto,
4Lei sapeva dà rresto a ttutti cuanti.

  Pijjava li bburini[2] ppiù screpanti,[3]
A cquattr’a cquattro cór un zu’ segreto:
Lei stava in piedi; e cquelli, uno davanti
8Fasceva er fatto suo, uno derèto.

  Tratanto lei, pe’ ccontentà er villano,
A ccorno pìstola e a ccorno vangelo
11Ne sbrigava antri dua, uno pe’ mmano.

  E ppe’ ffà a ttutti poi commido er prezzo,
Dava e ssoffietto, e mmanichino, e ppelo
14Uno pell’antro a un bajocchetto er pezzo.

Roma, 12 dicembre 1832.



  1. Notissima e sozzissima meretrice di chiara memoria, la quale teneva commercio nella detta piazza, solito luogo di convegno dei lavoratori romagnoli e marchegiani per trovarvi a far opera. [Da questa femmina è derivato il detto proverbiale: Santaccia che predica la castità a le rondine!]
  2. Sinonimo de’ nominati villani. [V. la nota 4 del sonetto: Le lingue ecc., 16 dic. 32.]
  3. Vistosi.
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