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Sonetti del 1832 185

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LA PUTTANISCIZZIA[1]

  A mmé nun me dì bbene de ste lappe[2]
Che vvanno co’ la scuffia e ccór cappotto[3]
E mmarceno[4] in pelliccia e mmanicotto,
Piene d’orloggi, catenelle e cciappe:

  Lassamo stà che ppoi nun cianno sotto
Mezza camiscia da coprì le chiappe:
Tutta sta robba sai da che ccondotto
jE viè, Stèfino[5] mio? dar tipp’e ttappe.

  Pe’ la strada gnisuna[6] t’arisponne:
Come poi j’arïesce d’anniscosto,
Se farìano inzeppà da le colonne.

  Ma a nnoi nun ce se venne er zol d’agosto,[7]
Perchè la casterìa[8] de ste madonne[9]
Sta ttutta sana in ner gruggnaccio tosto.[10]


Roma, 16 dicembre 1832

  1. Storpiamento malizioso di pudicizia.
  2. Furbe.
  3. Copertura muliebre da testa.
  4. Incedono.
  5. Stefano.
  6. Nessuna.
  7. Proverbi.
  8. Castità.
  9. Nel senso di Maria Vergine; donne modeste.
  10. Viso duro, gravità apparente.
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