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200 | Sonetti del 1832 |
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ER BAMBINO DE LI FRATI[1]
S’ha da lodà li frati perchè ffanno
Cuer presepio che ppare un artarino.[2]
Tu lo sai che ssò ffrati, e vvai scercanno
Si sta notte arimetteno er bambino!
Io vorìa che pparlassi cuer lettino,
Cuele stanzie terrene indove vanno;
E vvederessi, ventotto de vino,[3]
Che lo vonno arimette tutto l’anno.
Ggià, cche spesce[4] ha da fà cche cco la pacchia[5]
Che ggodeno sti poveri torzoni,
jE se gonfi la groppa a la verdacchia?
Ortre c’ar rivedé li bbardelloni,[6]
E a l’ingrufà ssi ccapita una racchia,[7]
è uN gran commido annà ssenza carzoni!
Roma, 27 dicembre 1832
- ↑ Gli zoccolanti, già nominati nel sonetto precedente.
- ↑ Avanti il Mistero sono accesi torchi, come non una campagna, ma un altar maggiore ivi a’ riguardanti si appresentasse.
- ↑ Espressione passata in proverbio, che significa: «sempre una cosa», dacchè si narra di un tale, i di cui conti quotidiani dell’oste cominciavano sempre dalla partita Ventotto di vino.
- ↑ Specie.
- ↑ Vita comoda.
- ↑ Far sodomia.
- ↑ Vaga e fiorente giovane.
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