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Sonetti del 1833 207

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NUN MORMORÀ.

  Ar Monno s’ha da dì bbene de tutti,
Lodalli,[1] e rricoprinne[2] li difetti:
E nnò a mmezze parole e a ddenti stretti,
4Ma a bbocc’uperta e pparoloni assciutti.[3]

  Cuanno se parla d’ommini frabbutti,[4]
Bbisoggna sostené cche sso’ angeletti,
Si un giorno, in paradiso, fra ll’eletti,
8Volémo aritrovà bboni costrutti.[5]

  E nnun fà ccome Cchecca[6] la Ghironna,[7]
Che ttajja e ccusce,[8] e ttirerebbe ggiune[9]
11De la virginità dde la Madonna:

  Mentre che ppoi laggiù a le Scinque-Lune[10]
(Nun zii pe’ mmormorà), la bbona-donna
14Se fa ffó..e dar popolo e ’r commune.

Roma, 14 gennaio 1833.



  1. Lodarli.
  2. Ricoprirne.
  3. Semplici, positivi.
  4. Ribaldi. [Farabutti.]
  5. Buoni effetti delle opere.
  6. Francesca.
  7. La Ghironda: soprannome.
  8. Mormora e maledice.
  9. Tirar giù: diffamare spietatamente.
  10. Cinque-Lune: contrada di Roma.
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