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Sonetti del 1834 257

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LA BBONA NOVA.

2.

  Dunque nun c’è ppiù inferno! alegramente.
Ecco er tempo oramai de fasse[1] ricchi.
Dunque er dellà[2] è un inzoggno[3] de la ggente,
E nnun resta ch’er boja che cc’impicchi.

  Sgabbellato[4] l’inferno, ar rimanente
Se saperà ttrovà chi jje la ficchi.
Li ggiudisci nun zò[5] Ddio nipotente,
E cqui abbasta a spartì bbene li spicchi.[6]

  La lègge, è vvero, è una gran bestia porca;
Ma l’inferno era peggio de la lègge,
E ffasceva ggelà ppiù dde la forca.

  L’onor der monno? e cche ccos’è st’onore?
Foco de pajja, vento de scorregge.[7]
Er tutto è nnun tremà cquanno se[8] more.

29 aprile 1834

  1. Di farsi.
  2. Il di-là.
  3. Sogno.
  4. Evitato.
  5. Non sono.
  6. Basta a far bene le porzioni.
  7. Peti (con riverenza parlando).
  8. Si.
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