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Sonetti del 1835 277

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ER PARTO DE LA MOJJE DE MASTRO FILISCE.

  Bbasta, a fforza d’erlìquie[1] e dd’aggnusdei
Sopr’a la panza, arfine stammatina
Verzo diesciòra[2] ha ppartorito Nina,
E ha fatto un maschio ppiù ggrosso de lei.

  Dico la verità, ssora Ggiustina,
Io n’ho ffatti a sto monno ventisei,
Ma pprima d’ariassiste[3] ppiù ccolei
Ne vorebbe arifà ’n’antra duzzina.[4]

  Se[5] discorre che cquella craturaccia
Doppo nov’ora[6] de prèmiti e ddojje,
S’è appresentata ar bùscio[7] co’ la faccia.

  Llì immezzo, dìllo tu, Mmastro Filisce,
Quer gruggnetto der fijjo de tu’ mojje
Nun pareva un’immaggine in cornisce?

18 ottobre 1835

  1. Di reliquie.
  2. Verso dieci ore.
  3. Di riassistere.
  4. Ne vorrei rifare un altra dozzina.
  5. Si.
  6. Nove ore.
  7. Si è presentata al buco.
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