< Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Sonetti del 1844 287

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi VI.djvu{{padleft:297|3|0]]

MASTR’ANDREA VEDOVO.

  Ripijjà mmojje tu?! Ddoppo le pene
Diliggerite co’ cquel’antra vacca?!
Dunque la tu’ pascenza nun è stracca
4De pagà le tu’ corna a ppranzi e ccene?

  Eppoi, ne l’età ttua, te sta mmo bbene,
Cardèo[1] mio bbello, de sposà una stacca?[2]
Sai ch’a cquesta je bbruscia la patacca,
8E ttu ppoco ppiù ssangue hai ne le vene.

  Ggiudizzio, mastr’Andrea: nun curre er risico
D’aribbuttàtte in d’un inferno uperto
11Pe vvive disperato e mmorì ttisico.

  Annà a impicciasse co’ rregazze un bòccio![3]
Zzitto, nun t’inquietà: lo so de scerto
14C’hai ggià vvotato er tu’ primo cartoccio.[4]

9 dicembre 1844.



  1. [Caldeo: balordo, imbecille.]
  2. [Propriamente, “cavalla giovine.„ Ma qui per “giovinotta robusta.„]
  3. [Vecchio.]
  4. [Che hai già passati i cinquant’anni. E la metafora, d’uso comune, è presa dai cartocci, ossia dai “rotoli„ delle monete, che ordinariamente si facevano di cinquanta l’uno. Cfr. il sonetto: La visita ecc., 14 apr. 34.]
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.