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Sonetti del 1846 295

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SESTO, NUN FORMICÀ.[1]

  “Ma ssenz’èsse però mmojj’e mmarito,
Er fà un omo e una donna quela cosa
Ch’io fo ’ggni notte co’ mmi’ mojje Rosa
4Nun è ssempre un peccato provibbito?„ —

  “Io nun ve dico,„ repricò er romito,
Che sta corpa nun zii peccanimosa[2]
Ma cche la Cchiesa, ch’è mmadr’amorosa,
8Sa ddistingue er pancotto e er pan bullito.

  Per esempio, si un omo bbattezzato
Viènghi preso in fregante[3] co’ un’ebbrea,
11È ssubbito un peccato ariservato.

  Ma ppe’ una donna poi s’arza la mano.[4]
Tutto ne viè[5] ddar fijjo che sse crea:
14Ché cquella fa un giudìo, questa un cristiano.„

10 aprile 1846.



  1. Sesto (precetto), non fornicare. [Come se derivasse da formica.]
  2. Peccaminosa. [Come se derivasse da anima.]
  3. In flagrante.
  4. Alzar la mano, vale “assolvere, usare indulgenza.„
  5. Tutto dipende.
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