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320 | Er còllera mòribbus |
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14.
Zìttete llì, sboccato: so’[1] pparole
Da dìsse[2] queste ccusì a la sicura?
Nu lo sai che qui pparleno le mura?
Ma cche davéro[3] vòi ggiucatte[4] er zole?
Si tte[5] sente quarcuno che jje dole,
Poverettaccio te! Nun hai pavura
Che tte mannino a Ttermini[6] addrittura,
A ggiucà cco’ le pale e le cariole?
Te ne vò’ annà ttu ppuro[7] in ne la schiera
Dell’antri[8] galeotti esercitanti,
A ffà la priscissione p’er collèra?
Eppuro[9] l’hai veduti tutti quanti,
Incatenati, a rritornà in galera
Co cquattro torce e ’r croscifisso avanti.[10]
20 agosto 1835
- ↑ Sono.
- ↑ Da dirsi.
- ↑ Davvero.
- ↑ Vuoi giuocarti.
- ↑ Se ti.
- ↑ Termini è il nome della piazza ove sorgono le rovine delle Terme di Diocleziano. [E dove, come avverte più giù anche l'autore, era ed è una parte delle prigioni.]
- ↑ Te ne vuoi andar tu pure.
- ↑ Degli altri.
- ↑ Eppure.
- ↑ La funzione che qui si ricorda è di storica verità. I galeotti ebbero gli esercizi di penitenza onde ottenere da Dio pietà per loro e per noi. Nell’ultimo giorno delle sacre funzioni ricevettero tutti la eucaristia, nel forte S. Angiolo, e quindi così santificati furono ricondotti processionalmente e in catene al loro bagno ne’ vecchi granai dell’Annona alle Terme.
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