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Er còllera mòribbus 329

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23.

  Io me so’[1] stato zzitto inzin’adesso
Pe' ffà pparlà sta bbella compaggnia.
Mó vvojjo crede che mme sii promesso,[2]
Doppo quelle dell’antri,[3] er dì[4] la mia.

  Volenno arraggionà, st’ammalatia,
Ciovè sta colla-morbida,[5] a un dipresso
Pe cquer che ssento dì pare che ssia
Un’usscita che vvadi pe ssuccesso.[6]

  Bbè, la diarèlla,[7] ossii la cacarella,
Tutti sanno che vviè[8] da debbolezza
D’intestibbili[9] oppuro[10] de bbudella.

  Quanno sta verità ss’è bben capita,
O er male nun ze piija,[11] o ss’arippezza[12]
Co ’na bbona fujjetta[13] d’acquavita.

8 settembre 1835

  1. Mi sono.
  2. Ora voglio credere che mi sia permesso.
  3. Degli altri.
  4. Il dire.
  5. [Cholera-morbus.]
  6. Che vada per secesso.
  7. La diarea.
  8. Che viene.
  9. Di intestini.
  10. Oppure.
  11. Non si piglia.
  12. Si rappezza, si rimedia.
  13. Foglietta: [misura equivalente a poco più di mezzo litro.]
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