< Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Er còllera mòribbus 331

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi VI.djvu{{padleft:341|3|0]]

25.

  Furtunato chi aveva, co sta jjèlla,[1]
Generi cojjoniali[2] in magazzino,
Come cacàvo,[3] zzucchero, cannella,
Ojjo de Lucca,[4] spirito de vino...

  E li mercanti? pe’ ccristallo fino!
V’abbasti[5] sto tantin de bbagattella,
Che in tutta Roma, a ppagallo[6] un zecchino
Nun ze trova[7] ppiù un parmo de fanella.[8]

  E li sori[9] spezziali, eh, cc’antra bbega?[10]
Hanno vennuto[11] pe ttre vvorte er costo
Li ppiù rrancidi fonni[12] de bbottega.

  Sémo llì:[13] ssi er collèra a nnoi sce cosce,[14]
A cquell’antri[15] je pare un ferragosto.
Nun tutt’er male ar monno[16] viè ppe’ nnòsce.[17]

13 settembre 1835

  1. Con questa fatale sciagura, [cosi ostinata].
  2. Coloniali.
  3. Caccao.
  4. [V. la nota 7 del ventunesimo di questi sonetti.]
  5. Vi basti.
  6. A pagarlo.
  7. Non si trova.
  8. Flanella.
  9. E i signori.
  10. Eh, che altra faccenda, che altro negozio.
  11. Venduto.
  12. Fondi.
  13. Siamo lì.
  14. Ci cuoce, ci duole.
  15. A quegli altri.
  16. Al mondo.
  17. Viene per nuocere. Viene per nuocere. [Tutto er male nun viè ppe' nnòsce. Proverbio.]
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.