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Er còllera mòribbus 333

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27.

  Ôh, vve porto una nova. Du’ paini[1]
Hanno detto in bottega che stasera[2]
S’è asviluppato un Russio[3] cor collèra
A la locanna de monzù Ppiastrini.[4]

  Disce che de llì intorno li viscini
So’ ddiventati statue de scera;
E er Governo ha spidito all’affrontiera,[5]
Pe’ llevà li cordoni a li confini.

  C’è cchi vvò[6] che cce sii quarche speranza
Che sto Russio de cristo abbi diverzi
Vermini solitari in ne la panza.

  Ma er medico ch’è ito a ddenunziallo,
Lui li su’ passi nun vò avélli perzi,[7]
E ssostiè cch’è un collèra da cavallo.[8]

8 settembre 1835

  1. [Due, vestiti civilmente. V. la nota 6 del sonetto: Er coronaro, 10 genn. 32.]
  2. Fu il 5 [?-V. la nota 4] settembre 1835.
  3. Un Russo.
  4. Pestrini. ["Domenica 6 settembre 1835. La malattia di un Russo abitante alla Locanda di Pestrini al Babbuino, quale pareva si annunziasse con sintomi cholerici fece l'altro ieri [?- V. la nota 2] del rumore per il Paese, e il Governo credè farlo visitare, e molta gente accorse sul luogo. Si riconobbe però che il male proveniva da tutt'altra cagione, come da riscaldamento, disordine di bocca ecc., e l'infermo sta molto meglio.„ Chigi, Diario inedito cit.]
  5. Alla frontiera.
  6. Vuole.
  7. Non vuole averli perduti.
  8. Cholera assai violetto; come pur dicesi febbre da cavallo, ecc.
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