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Er còllera mòribbus 341

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34.

  Ma ttutt’a ttempi nostri! E ccaristìa,
E llibbertà, e ddiluvi, e ppeste, e gguerra,
E la Spaggna, e la Francia, e ll’Inghirterra...
Tutt’a li tempi nostri, Aghita[1] mia.

  Adesso ha da venì sto serra-serra
De porcaccia infamaccia ammalatia,
Pe sturbà Rreggno[2] e pportàccese via[3]
Quer povero Scetrulo de la Scerra.[4]

  Puro[5] pe Ppurcinella meno male:
Chi sta ppeggio de tutti è Ggesucristo,
C’ha pperzo[6] la novena de Natale.

  Hai tempo a ffà ppresepî e accenne artari:[7]
Questo è er primo Natale che ss’è vvisto
Senza manco un boccon de piferari.[8]

24 dicembre 1836

  1. Agata.
  2. Il Regno di Napoli è chiamato assolutamente Regno.
  3. E portarcisi via.
  4. Cetrulo (Pulcinella) della Cerra. [Di Acerra. V. in questo volume la nota 2 del sonetto: L'omo ecc., 30 apr. 34.]
  5. Purtuttavia.
  6. Che ha perduto.
  7. Accendere altari.
  8. Non fu dato accesso nel nostro Stato ai pifferari, gente regnicola, che vengono ogni anno a far novene. [V. il sonetto: La novena ecc., 23 dic. 44.]
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