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26 Sonetti del 1830

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LA PROTENNENTE[1]

  Ma nnun je róppe er prezzo,[2] chè ssei bella:
Tirete sù le carzette de seta:[3]
Fà buttà indove passi la mortella:[4]
Fàtte incide una statua de greta.

  Quanto faressi mejjo a statte quieta,
E arisparmiatte er fiato a le bbudella!
Co cquella faccia de scipoll’e bbieta[5]
Sai chi mme pari a mmé? Ciunciurumella.[6]

  Sù, smena er fiocco,[7] bbellezza der monno,
Strigni er bocchino! Auffa[8] li meloni![9]
E si auffa la dài manco la vonno.

  Ciài pijjato davero pe’ ccojjoni?
Erbetta mia, te conoscemo[10] a ffonno.
Mmaschera sai ch’edè? ttu nun me soni.

9 ottobre 1830

  1. La pretendente: vana.
  2. Non avvilirti. [Nella nota 6 del sonetto: La praticaccia, 1 mar. 47, a proposito di un altro significato metaforico della frase: róppe er prezzo, ho detto che nel senso proprio essa significa: “fissare il prezzo delle derrate, sul cominciare del mercato: cosa che si fa di comune accordo tra i venditori principali... o camorristi.„ Ora, per intendere come da questo senso si passi a quello di “avvilirsi,„ basta considerare che spesso i venditori, dopo aver visto che altrimenti nessuno compra, son costretti a rompere il prezzo a meno di quel che vorrebbero.]
  3. Dicesi a chi si attribuisce un grado che non gli compete.
  4. Segno di festa.
  5. Bietola.
  6. Era così soprannominata una sozza donnaccia da trivio.
  7. Dimena, agita l’ano, come chi si pavoneggia.
  8. Dell’aùfo, gratis, veggasi la nota...[12] del sonetto...[ Li spiriti (4), 21 nov. 32]
  9. [“A ufo i poponi!„ Esclamazione burlesca d’impazienza, nata dalla somiglianza dell’avverbio aùffa (usato dai venditori nei loro gridi, per indicare uno straordinario buon mercato: Aùffa li meloni!, aùffa li pomidoro!, ecc.) con l’osclamazione aùffa!, a cui per celia si aggiunge il resto. E dico sî aggiunge, perchè la si crea quasi ogni volta, facendo nel pronunziarla sentire un distacco tra l’aùff e l’a. Spesso si dice anche: Aùff-a li meloni, e nnu’ lì vònno!, aggiunta fatta forse, qualche volta, dagli stessi venditori, e della quale il Belli si giova con la solita maestria nel verso seguente.]
  10. Ti conosco, erbetta: così avvisansi coloro che credonsi riputati per da più.
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