< Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

Sonetti del 1830 45

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi VI.djvu{{padleft:55|3|0]]ralismo.liberalismo.“„ Poi, nel Pensiero XVII, il signor Cecconi scioglie un inno di lode al Governo pontificio per le beatitudini che procurava a’ suoi sudditi, e conclude energicamente così: “Io qui nacqui, e se fossi nato altrove, qui sarei venuto.„ Benchè nel Pensiero XXIV confessi d’essere “un’avvocato di poche cause, e di scarzo ingegno.„]

A MENICA-ZOZZA[1]

  Oh ccròpite le cosce, chè peccristo
Me fai rivommità co’ quelle vacche![2]
Io sò avvezzo a vedé ffior de patacche
A strufinasse[3] pe’ bbuscacce er pisto.[4]

  Fa’ a modo mio, si ttu vvoi fà un acquisto
C’a mmoscimmàno[5] te pò stà a le tacche:[6]
Vatte a ffà ddà tra le nacche e le pacche
Da cuarche sguallerato[7] de San Sisto.[8]

  Chi antro vò affogasse in cuel’intrujjo[9]
D’ova ammarcite, de merluzzo e ppiscio,
Che appesta de decemmre com’e llujjo?

  Ma a me! ’gni vorta che ttu bbussi, io striscio,[10]
E un po’ un po’ che ciallumo de sciafrujjo,[11]
Passo, nun m’arimovo, e vvado liscio.[10]

Morrovalle, 21 settembre 1831

  1. Sozza.
  2. Macchie violacee, prodotte dall’uso del fuoco sulle cosce delle donne.
  3. Strofinarsi, esibirsi con moine e carezze.
  4. Per essere lavorate.
  5. Mosciame, qui per «parti moscie, vizze».
  6. Starti a pari.
  7. Ernioso.
  8. Ospizio de’ vecchi.
  9. Guazzo, pantano.
  10. 1 2 Translati tolti da’ giuochi di carte; cioè: «non corrispondo al giuoco».
  11. [Che ci scorgo d'impiccio, di pasticcio.]
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.