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62 | Sonetti del 1831 |
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LO SCARPINELLO VOJJOSO DE FA.[1]
Starebbe qui dde casa una largazza,[2]
Che jje dicheno Ciscia Scolanerbi?
Ebbè, io so’ lo scarpinel de piazza,
4Mastro Grespino de li cu.. ascerbi,[3]
Che jj’ho da mette un paro de spunterbi[4]
A ’na su’ sciavattella[5] pavonazza;
E doppo je dirò cquattro proverbi,
8S’in ner lavore mio nun me strapazza.
Presémpio: Omo incazzito[6] è un merlo ar vischio.
La donna è un cacciator de schiopperete[7]
11Che vva a ccaccia cojjoni senza fischio.
Pelo de sorca, gola de crastato,[8]
Ugna de gatto,[9] e cchirica de prete,
14Quanno pisceno a letto, hanno sudato.[10]
Foligno, 29 settembre 1831. |
- ↑ [Il ciabattino voglioso di fare, cioè: “di buona volontà.„]
- ↑ Storpiamento maligno di ragazza.
- ↑ Era in Roma un sodomista (abate), così detto dal piacergli le primizie.
- ↑ Rattoppamenti di pelle alle scarpe usate: qui è anfibologia.
- ↑ Ciabattella, ecc.
- ↑ Infoiato, preso da una donna.
- ↑ Schioppa e rete son riunite onde produrre una parola ingiuriosa.
- ↑ Castrato: musico.
- ↑ Ladro.
- ↑ Hanno sempre la scusa del fatto. [E a uno o di uno, a cui appunto vadano tutte lisce, o che sia fortunatissimo, suol dirsi: Tu piscia a letto, e poi di’ ch’hai sudato; — Si piscia a letto, dicheno ch’ha sudato.]
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